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sabato, Luglio 27, 2024
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La triste storia di Becky

Becky cercava un tetto e lo trovò in un inferno di piscio, fango, crack e vodka per stonarsi e dimenticare l’Africa. Occupò una baracca di legno e plastica, amianto e materassi sporchi. Una baracca così fredda che per trovare un po’ di calore devi accendere un fuoco. E le fiamme camminano…

Avete mai pensato a quanto sia importante la carta di identità? Senza la carta di identità non sei nessuno. Niente. Non esisti. La mia storia inizia da una carta di identità, su cui c’è scritto un nome. Becky Moses nata l’11 gennaio 1991 in Nigeria, morta il 27 gennaio 2018 in Italia. Nigeria, sangue, petrolio, ricchezza per pochi, fame per tutti. Nigeria. Africa. Africa nera, di dolore e fame. Africa sporca di sangue. Africa malata. Africa delle madri che vedono i propri figli morire di malaria o di diarrea. Africa derubata, sfruttata. Calpestata. Africa di Malasorte. Africa di Malamorte. Malavita. Malamore. Maldolore. Malalega. Malesangue. Malelingue. Malodore. Maldolore. Malamadre. Malafiglia. Africa dalle barche sfondate. Africa delle vite spezzate. Becky la portò il mare. Lei era una Medea alla ricerca di una patria e una casa. Ma chi ero io? Io ero nessuno. Io ero uno zero. Il ministro della Paura lo aveva capito, lui sa tutto, tutto vede, tutto conosce. Tutto odia. Io sono uno zero. Mi chiamo Domenico. Ma nessuno mi chiama così. Alcuni mi dicono Mimmo. Altri Mimì. La verità è che io ero come lei, un naufrago senza terra, senza amore e senza speranze. Una casa avevo e una casa le ho dato. E lei rideva. Era felice Becky. Danzava e cucinava i colori dell’Africa.Arrivarono gli editti del governo della paura: Becky era una “lungopermanente”, una “diniegata”. Significa che aveva perso tutto, non era più nessuno. Una scheggia d’Africa in balia del mare. Uno scarto umano. Doveva andar via. Per lei non c’era più casa, né gioia, né pace.Scese per la collina e arrivò sulla strada. Ora il suo sorriso era morto. Becky cercava un tetto e lo trovò in un inferno di piscio, fango, crack e vodka per stonarsi e dimenticare l’Africa. Occupò una baracca, di legno e plastica, amianto e materassi sporchi. Una baracca così fredda che per trovare un po’ di calore devi accendere un fuoco. E le fiamme camminano. Ma voi lo avete mai visto un corpo bruciato? Avete mai toccato gambe che non ci sono più, e braccia ridotte come rami spezzati. E pelle che vola nell’aria come fuliggine? Io sì. Io pure questo ho fatto e pure di questo sono colpevole. Un criminale.E allora ho preso quel mucchio nero di cenere e fumo e l’ho portato a casa sua. A Riace, che è la casa di tutto il mondo, dove le carni martoriate trovano un po’ di sollievo. L’ho messa in alto Becky, accanto ai morti dalla pelle bianca che la vita se la sono guadagnata in Germania, in Svizzera, nelle nebbie dell’Italia di sopra, ai tempi in cui anche loro erano negri senza patria e senza amore. E allora alzate gli occhi verso il cielo e guardatela, la vedete? Sorride.

Mimmo Lucano

 

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