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venerdì, Ottobre 4, 2024
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Ricordiamo gli internati militari italiani

Ancora in tante famiglie è vivo il ricordo dei morti che non hanno ricevuto gli onori che vanno riconosciuti ai morti per la Patria, durante la guerra. Di questo problema da anni si sta occupando il geometra Gianni Manglaviti, di Bovalino, che ha effettuato una ricerca accurata su tutto il territorio regionale, ed oggi è in possesso di tutti gli indirizzi dei deportati.

Bruno Chinè

L’ultima guerra mondiale che ha visto drammaticamente coinvolta l’Italia è ormai oggetto di storia, ma ancora in tante famiglie è vivo il ricordo dei morti che non hanno ricevuto gli onori che vanno riconosciuti ai morti per la Patria. Storicamente l’Italia è entrata in guerra alleata della Germania, ma con lo sbarco degli Anglo Americani in Sicilia ha firmato l’armistizio in maniera unilaterale e schierandosi dalla parte degli Alleati. L’Italia del Sud è in mano agli Anglo Americani, mentre nel centro Nord ci sono i Tedeschi e la Repubblica di Salò. Il Re ed il governo Badoglio lasciano Roma e si rifugiano a Taranto. L’esercito italiano sparso su tutti teatri di guerra resta senza comando, In uno stato di grande confusione politica e militare e ovviamente sbanda.  In tanti sono fatti prigionieri dei tedeschi, altri continuano a combattere coi tedeschi, e molti altri vengono dichiarati internati (IMI) e non hanno nemmeno i diritti che la Convenzione di Ginevra concede ai prigionieri di guerra. In pratica, i deportati vengono catturati dai tedeschi ed adibiti ai lavori forzati. Molti muoiono di stenti prima della fine della guerra e seppelliti in terra straniera. A guerra finita, principalmente per interessamento delle famiglie, le spoglie vengono portate in Italia a carico dei familiari. Oggi, nessuno più pensa ai deportati, però, nei loro familiari c’è ancora il dolore per la loro sorte e la ferma volontà di erigere una stele ricordo per tutti i deportati calabresi, che sono migliaia. Di questo problema da anni si sta occupando il geometra Gianni Manglaviti, di Bovalino, che ha effettuato una ricerca accurata su tutto il territorio regionale ed oggi è in possesso di tutti gli indirizzi dei deportati. Gianni Manglaviti, figlio d’un deportato, non lavora da storico, ma soltanto animato da amore filiale e di patria. Il suo sogno consiste nel coinvolgimento degli enti pubblici per erigere una stele ricordo di tutti gli internati calabresi, in uno dei comuni della Calabria.

 

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